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Benvenuti nell’economia dell’esperienza

economia dell'esperienza

Una tendenza che ormai ha preso piede ovunque nel mondo, la cosiddetta economia dell’esperienza, è ormai un trend che si sta ora espandendo a coprire ogni aspetto della nostra vita di consumatori e del quale abbiamo già parlato in questo post.

Joseph Pine e James Gilmore ne hanno parlato per primi in Welcome to the Experience Economy, pubblicato nel 1998 dalla Harvard Business Review, usando la semplice immagine della torta di compleanno (vedi articolo precedente) come esempio di quello che gli autori chiamano la “crescita del valore economico” – l’inesorabile trasformazione di beni, oggetti e servizi in un prodotto con un maggiore vantaggio percepito.

pine gilmore

Che cos'è esattamente l'Economia dell'Esperienza?

Anche se già discusso, riprendiamo il concetto. L’economia dell’esperienza è definita come “un’economia in cui molti beni o servizi vengono venduti sottolineando l’effetto che possono avere sulla vita delle persone”. Le esperienze sono la loro categoria, proprio come i “beni” e i “servizi”.

In generale, è necessaria una combinazione di beni o servizi per rendere possibile un’esperienza. Ad esempio, se paghi per fare un lancio col paracadute avresti bisogno:

  • del pilota per trasportarti in una posizione e un’altezza specifiche
  • delle lezioni di un istruttore
  • di tutta l’attrezzatura necessaria
  • del trasporto da e per le zone di decollo e atterraggio dell’aereo
  • dell’assicurazione per il lancio
  • ecc.

Tuttavia, è la combinazione di tutti quei beni e servizi che si traduce in un’esperienza molto più preziosa della semplice somma delle sue parti.

Questo cambiamento però non è una semplice moda o una tendenza, ma un cambiamento fondamentale nel tessuto stesso delle economie avanzate: ora consumiamo soprattutto tempo. Il tempo è la valuta delle esperienze. Le persone apprezzano due forme di tempo: tempo ben risparmiato e tempo ben speso. Poiché viene speso meno tempo (e denaro!) in beni e servizi, meno tempo nei negozi e con i call center, le persone spendono contemporaneamente più tempo (e denaro!) in esperienze che li coinvolgono in modo personale e memorabile.

I millennial guidano la carica

Secondo uno studio Eventbrite, “più di 3 millennial su 4 (78%) sceglierebbero di investire il proprio denaro in un’esperienza o un evento interessanti anziché in un bene materiale, e il 55% di loro afferma che spenderebbe di più per eventi ed esperienze dal vivo”. Nel tentativo di sperimentare piuttosto che acquistare, i giovani stanno scegliendo concerti, gare, viaggi e altro ancora.

Update: Ma non è solo millennial

Un rapporto McKinsey del 2017, Cashing in on the US experience economy, fa notare che, mentre la crescita delle vendite di beni negli Stati Uniti tra il 2014 e il 2016 ammontava all’1,6%, quella legata alle esperienze la superava ampiamente, arrivando al 6,3%.

Una delle spinte dietro a questo fenomeno è la comunicazione, incentrata su autenticità e narrazione piuttosto che su testimonial celebri e beni di lusso. In un mondo dove molti possiedono uno smartphone da mille euro, diventa sempre più difficile attirare il consumatore attraverso i concetti del lusso e dell’esclusività.

Legando le esperienze ai beni, i brand danno qualcosa da raccontare alle persone, che riversano le proprie storie su decine di milioni di account Facebook e Instagram. Questo cambiamento in corso si manifesta non solo con i consumatori, ma si verifica anche nel regno del business-to-business. Sia le offerte B2C che B2B ora si trovano ad affrontare lo stesso concorrente: lo smartphone. Se non riesci a coinvolgere qualcuno quella persona è “andata”, con il semplice tocco di uno schermo.

Esperienze digitali ma soprattutto esperienze umane

Gilmore trova che ci sia ancora spazio per le esperienze digitali, specie quelle veicolate o migliorate dagli smartphone, ma prende atto che le esperienze davvero nuove da offrire ai consumatori potrebbero esaurirsi nel prossimo futuro.

“Personalizzare ulteriormente questa trasformazione significherebbe avvicinarsi alla perfezione; e vendere la perfezione mi sembra un obiettivo irrealistico.”

Secondo lui il futuro sarà fatto di fenomeni molto umani.

“Stiamo iniziando a notare che le persone vogliono essere cambiate da queste esperienze. Non vogliono solo godersi la lezione di golf o cucina; vogliono diventare cuochi migliori, giocatori di golf migliori. Questa potrebbe essere l’offerta economica finale. Non crediamo che esista per forza una nuova fase nel percorso verso il valore economico.”

L’esperienza, quindi, deve essere più di un semplice passatempo: è la chiave per trasformare noi stessi; un mezzo potente per riconquistare il controllo sulle nostre vite, in un mondo sempre più ossessionato da una tecnologia che spesso sostituisce l’essere umano.

L’experience economy è oggi uno dei principali motori del commercio al dettaglio mondiale. È diventata un linguaggio di marketing quasi obbligatorio in qualunque settore, dal retail ai divertimenti, dai trasporti al turismo. La domanda, quindi, non è se, ma quando e come entrare nell’economia dell’esperienza e se le aziende sapranno adattare la loro offerta in modo adeguato.

2 Comments

  1. Bello, complimenti. Certo che bisognerebbe che qualcuno in più se ne ricordasse….
    Ciao

  2. Grazie. In effetti qui si innesca un altro genere di riflessione che riguarda il rischio di autoreferenzialità di queste aree di discussione che devono sempre più riuscire a coinvolgere i non addetti ai lavori…


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