sei interessato al problem finding?
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Il consulente è normalmente visto come un problem-solver. E spesso, non neghiamolo, anche noi consulenti ci sentiamo un po’ l’ancora di salvataggio per l’azienda che si affida a noi. Non si potrebbe fare di meglio che fornire una soluzione?
Per rispondere a queste domande vi sono un paio di aspetti da considerare. In primo luogo, nella scelta del consulente prima e della strategia consulenziale poi, il focus è tutto sulle prestazioni – non soddisfacenti in azienda – e sulla soluzione proposta – in termini di costo e tempo -, mentre poco o nulla si dice sul problema. Il problema, infatti, viene spesso confuso con il sintomo.
In secondo luogo, la soluzione proposta è il frutto di alcuni stock (competenze, conoscenze, esperienze, ecc.) e di uno storico (il numero di volte che quella soluzione è andata bene). Per me c’è qualcosa che stride. Siamo in un modo liquido e iper-connesso e la soluzione deriva da stock e storici, inoltre la mancata analisi del problema (cause) può portare all’offerta di soluzioni medie, utili ma non troppo efficaci e quasi mai efficienti.
problem finding: Una domanda ben posta è mezza risolta
Una domanda ben posta è mezza risolta, le vere invenzioni, infatti, derivano dal porsi domande. C’è qualcosa di meccanico nel trovare soluzioni, ed è per questo che le menti realmente originali sono quelle che trovano problemi. (Paul Souriau)
Cosa fare, quindi?
Noi siamo portati , cognitivamente e managerialmente, a risolvere problemi. La maggior parte dei manager/imprenditori che si rivolgono ad un consulente preferiscono proposte binarie – facciamo sì o no – piuttosto che una ricerca ambigua e incerta del problema. La richiesta è quella di risolvere il problema e stop!
La ricerca del problema non è fine a se stessa, non è un gioco intellettuale o manageriale ma è parte reale della soluzione finale. La mancata definizione degli esatti confini del problema – mi ripeto, spesso misurato solo attraverso la mancata performance – porta il consulente ad operare come un contenitore di soluzioni (più o meno ampio e più o meno buone). Quando abbiamo un insieme di soluzioni in mente, quello che facciamo è ridurre il problema alle soluzioni che possiamo prescrivere.
Come si scoprono nuovi problemi?
Giudica un uomo dalle sue domande piuttosto che dalle sue risposte. (Voltaire)
Tradizionalmente e culturalmente i problem finder non hanno una buona reputazione. Pensare ad una persona che viene a fare le pulci a casa nostra non ispira simpatia, tuttavia, talvolta non solo è necessario ma può essere anche un’opportunità per la creatività e l’innovazione.
“Come si scoprono nuovi problemi?” dovrebbe essere la domanda chiave piuttosto che “Come posso risolvere questo problema?”. Il primo passo del processo creativo richiede la scoperta e la definizione del problema stesso. (Getzels e Csikszentmihalyi)
Come diventare un efficace problem-finder?
Diventare un efficace problem finder richiede una differente predisposizione mentale e un insieme di nuove conoscenze e competenze, come sostiene Michael A. Roberto nel libro What You Don’t Know: How Great Leaders Prevent Problems Before They Happen. Vediamole assieme!
- Svuotarsi dalle soluzioni e riempirsi di domande. Il problem finder non deve necessariamente essere un problem solver l’importante sia una persona che: sappia individuare il problema e sappia dove trovare la soluzione e come selezionare la soluzione migliore.
- Curiosità Intellettuale. Passare dall’essere un dispensatore di soluzioni all’essere un ricercatore di problemi richiede di essere curiosi e non convenzionali. Richiede di saper fare domande e di diventare abili nell’arte dello storytelling. Il problem finder deve cercare di costruire con il manager/imprenditore una narrazione comunicabile e allo stesso tempo precisa del problema. I concetti di autorità e status quo spariscono e la base delle conoscenze e competenze personali passa dall’essere un stock all’essere un flusso. Il problem finder non è un esperto, o meglio è capace di mettere da parte l’esperienza, a favore dell’ascolto e dell’arte di fare domande. L’esperto attua la soluzione, laddove il problem finder definisce il problema sul quale cercare e selezionare la soluzione fornita dell’esperto migliore.
- Pensiero Sistemico. Il problem finder ha la capacità di analizzare la situazione senza mai perdere di vista il quadro generale. La ricerca del problema richiede di alternare pensiero laterale e pensiero logico. Il pensiero deve essere sistemico perché le cause dei problemi sono spesso sistemiche e complesse.
Dal problem finding al vantaggio competitivo
Il problema non è che vi sono problemi. Il problema è aspettarsi che non ce ne siano e pensare che avere un problema sia un problema. (Theodore Rubin)
Una volta definito il problema, si potranno selezionare competenze, conoscenze, soluzioni e persone. La ricerca e la definizione del problema può essere un importante impulso alla creatività e innovazione aziendale.
Creative people do not only solve problems. They also find problems to be solved. (Evans e Deehan)
Per me è necessaria una mutazione del consulente da problem solver a problem finder, da teacher a storyteller e da contenitore di soluzioni a ricercatore di problemi. L’individuazione del problema, la sua accettazione in azienda e la sua condivisione con il management credo debba necessariamente diventare il primo step di ogni azione consulenziale.
L’unico vero contenitore di soluzioni per il consulente del futuro è la rete, intesa, sia come internet, sia come network di free-lance. La ricerca del problema e la sua definizione stimolano, infatti, la ricerca di soluzioni più vicine alla coda lunga che alla media. Questo approccio alla consulenza, può trasformare un problema unico e difficile in un vantaggio competitivo difficilmente imitabile.
Ecco quindi che nel playground aziendale e consulenziale non ci servono nuove idee ma nuovi problemi.
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