La gamification come trend emergente. Il gioco in azienda come motore dello scambio di informazioni e di idee.
Perché Angry Birds non può essere considerato gamification e perché l’app di Domino’s Pizza sì.Ne ho parlato con Massimo Cerofolini in una lunga video intervista.
Eccone un estratto.
*Il metodo inizialmente si chiamava PEOPLE BRANDING. Dal 2020 è diventato AIN’T A GAME.
LA GAMIFICATION, OGGI
Da quando la parola gamification ha fatto la sua prima apparizione in pubblico, – nel 2010 ad opera di Jesse Schell, famoso game designer americano – di strada ne ha fatta parecchia.
L’idea di utilizzare dinamiche prese dal gioco o dalle tecniche di game design per risolvere problemi e creare engagement, è stata adottata in molti contesti e da molte aziende in tutto il mondo, sia internamente che esternamente.
Benché in Italia il fenomeno stia ancora prendendo piede, i suoi vantaggi sono ormai noti, e vanno ben oltre il semplice coinvolgimento.
Le tante esperienze sembrano giungere tutte alla stessa conclusione: sì, si può creare valore, business e strategie giocando!
GAMIFICATION IN AZIENDA: LA CONOSCENZA DIVENTA VALORE
Molte aziende hanno sperimentato la gamification per il lancio di un nuovo prodotto o tecnologia, per definire le strategie e prendere decisioni.
Ain’t a Game lo fa mettendo intorno a un tavolo un gruppo di persone provenienti da più aree di un’azienda – produzione, marketing, commerciale ecc. – armandole di post-it.
Attorno a un poster di gioco, si condensano esperienze e conoscenze diverse, una mole di informazioni che può generare molto più valore se non resta in possesso solo del singolo o rimane non codificata.
La gamification funge proprio da amplificatore della conoscenza aziendale, singola e collettiva.
Molte barriere vengono abbattute con facilità, proprio perché la natura stessa del gioco è insita nell’uomo.
I RISULTATI DEL GIOCO NELLE AZIENDE
Dalla mia esperienza con le aziende che hanno inserito la gamification all’interno dei processi decisionali e strategici, ho visto che il risultato è la produzione di una quantità di informazioni e di punti di vista impressionante.
E i primi a rendersene conto sono le aziende stesse.
Per molte, applicare il gioco in azienda è servito a capire se i modelli, le strategie e i processi esistenti funzionavano, permettendo di ottimizzarli o di migliorarli.
Per tutte, ne sono convinto, adottare le dinamiche di gioco ha generato un mindset diverso nei processi di condivisione e di feedback, generando internamente un flusso di idee più dinamico.
Perché come dice Ralph Koster, nel suo Theory of Fun for Game Design:
“Il divertimento nei giochi deriva dall’essere competenti e dalla comprensione del gioco, dal risolvere il puzzle non dal puzzle in sé. Pertanto, è la possibilità di apprendere la vera droga del gioco.”
3 ESEMPI DI GAMIFICATION
Ordinare la pizza: da un’azione noiosa alla creazione di una community, passando per il recruitment.
È il caso di Domino’s Pizza Hero, un’app che ha avuto un successo clamoroso.
L’idea è semplice: si crea la propria pizza con lo smartphone, si partecipa a una classifica condivisa e i migliori ricevono un’offerta di lavoro.
Risultato: tanto engagement e una community felice e attiva.
P.S. Ovviamente la pizza creata poi se vuoi ti arriva a casa.
Quando incentivare la raccolta differenziata diventa anche una strategia local efficace.
Per migliorare la gestione dei rifiuti quest’azienda ha inserito la tecnologia nei suoi cassonetti calcolando quanto bene viene gestita la spazzatura, creando una classifica tra i cittadini e premiando i migliori con sconti presso i negozi della zona.
Si tratta di un caso win win win: l’azienda che si occupa della raccolta risparmia molto, l’utente ci guadagna e le attività locali hanno registrato un aumento dei flussi di clienti.
Una PMI del settore metalmeccanico che trasforma le esigenze dei clienti in innovazione e vantaggio competitivo.
Questo è un caso che ho vissuto direttamente, e per me testimonia bene il potere della gamification nei processi aziendali.
I vari incontri condivisi hanno fatto emergere, tra i tanti elementi, due punti all’apparenza scollegati: l’IOT (Internet of Things) e il bisogno dei clienti di ridurre i fermi in produzione.
Da due semplici post-it, è nata una strategia che sta andando avanti da almeno due anni. Il primo effetto è stata l’introduzione di un dispositivo che permette di monitorare costantemente lo stato di salute della macchina.
Risultato: esigenze del cliente anticipate e una nuova tecnologia che si trasforma in servizio.
Tu chiamala se vuoi, gamification.
Copy Credits Marcello Vignola.
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