Così come sostiene Baricco ne I Barbari,
“[…] non è tutta fuffa, qualcosa sta succedendo davvero. Non sono tutti ammattiti. Vedono qualcosa che c’è. Ma quel che c’è, io non riesco a guardarlo con quegli occhi lì. Qualcosa non mi torna”.
Siamo di fronte allo storytelling di un cambiamento epocale e facciamo fatica a comprendere la mutazione.
I giovani, i ragazzini, loro la vivono, senza bisogno di comprenderla. Un salto tecnologico per noi incomprensibile che genera nuovi modi di far funzionare il cervello. Diversi. Che a noi a volte sembrano superficiali.
“Gli esponenti dell’empireo intellettuale contemporaneo vedono nero, non capiscono cosa stia succedendo nel mondo di oggi. Sanno solo che quello che succederà – anche se non sanno cos’è – non gli piace. Scrive Baricco: “tutti a sentire, nell’aria, un’incomprensibile apocalisse imminente; e, ovunque, questa voce che corre: stanno arrivando i barbari”.
Questa paura non è nuova. Il nuovo spaventa.
Il timore di essere sopraffatti e distrutti da orde barbariche è vecchio come la storia della civiltà. (Wolfgang Schivelbusch)
Anche Beethoven, che oggi è un caposaldo della nostra cultura, è stato considerato un Barbaro. (The Quarterly Musical Magazine and Review, 1825)
Sento parlare di nuovi paradigmi che però sono affrontati con uno spirito e da persone che con questo cambiamento hanno poco a che fare. Che fanno fatica a vedere Internet come uno strumento di social learning che in giro per il mondo sta contribuendo ad alzare il livello culturale di paesi affamati e in via di sviluppo. In quei paesi, dove si ha “fame” di cultura, internet apre le porte di mondi inesplorabili e appiattisce le distanze da paesi come il nostro, considerati evoluti. Generando opportunità che a noi sfuggono.
Sento parlare di social network e community come luoghi virtuali dove le relazioni hanno minor peso e rilevanza, nella visione comune di queste aree come zone di “cazzeggio” e non di alimentazione della curiosità e di stimolo alla creatività. Repliche delle comunità fisiche e non aperture (bridges) a nuove week ties alla Granovetter. Stantii nel guardare al nostro piccolo orticello di relazioni consolidate e incapaci di vedere che fuori c’è un mondo che scorre.
Sento parlare di superficialità, di stupidità, di eccessiva digitalizzazione della nostra vita. Di bisogno di equilibrio come se questa fosse una necessità solo collegata al web. Senza vedere che il “nuovo web” ci regala un mondo che sicuramente non è democratico, ma certamente più democratico di quanto non lo fosse senza la sua esistenza partecipativa. Dove i mercati possono tornare a sanzionare, come professava Smith, comportamenti scorretti.
Vedo “calzolai” guru professati che profetizzano nuovi metodi e che poi manifestano tutta la debolezza delle loro basi nell’andare in giro con le “scarpe rotte”. Persone che cercano di insegnare come far “fluire” le community nei propri database aziendali per trasformare l’ascolto in nuove statistiche, anziché frequentare i posti dove si genera la conversazione spontanea. Persone che parlano ancora al mondo di se presentandosi come una lista di prodotti e servizi, delegando ai propri clienti l’incombenza di capire se un piano marketing è la soluzione al loro problema o no. Persone restie a considerare il confronto come una crescita anziché un rischio.
[…] Non c’è confine, credetemi, non c’è civiltà da una parte e barbari dall’altra: c’è solo l’orlo della mutazione che avanza, e corre dentro di noi. Siamo mutanti, tutti, alcuni più evoluti, altri meno, c’è chi è un po’ in ritardo, c’è chi non si è accorto di niente, chi fa tutto per istinto e chi è consapevole, chi fa finta di non capire e chi non capirà mai, chi punta i piedi e chi corre all’impazzata in avanti. Ma eccoci lì, tutti quanti, a migrare verso l’acqua. […] ognuno di noi sta dove stanno tutti, nell’unico luogo che c’è, dentro la corrente della mutazione, dove ciò che ci è noto lo chiamiamo civiltà, e quel che ancora non ha nome, barbarie. A differenza di altri, penso che sia un luogo magnifico.
Guardando le cose da vicino, c’è il rischio che diventino più interessanti
Ecco quelli che per me sono i 5 Punti fermi del Mondo Fluido.
- Il mondo è cambiato. E cambierà di nuovo.
Perché il mondo è fluido. Nessuno schema, pregiudizio o teoria lo contiene. - Ogni giorno nascono nuovi contenuti, nuovi strumenti, nuovi sbocchi sul futuro,
ma anche nuovi modi per interagire con essi. - Il cambiamento è inarrestabile, va lasciato libero, open source.
La conoscenza che genera valore non è quella protetta da password,
ma quella alimentata con il passaparola. - Dal sapere di una fonte può sorgere nuovo sapere per un’altra.
Dalla condivisione di punti di vista, può nascere una visione del tutto nuova. - Nel mondo fluido, il cambiamento non è fatto di numeri, macchine, proiezioni o astrazioni.
Ma di persone curiose.
Playground: tranquilli, è solo un gioco!
Anche qui, con il network dei Froggers stiamo pensando alla mutazione. Quella in cui il girino ha imparato a respirare fuori dall’acqua. Vorremmo studiare i mutanti per vedere, riflessa in loro, l’aria che sognano e che stanno cercando, nella convinzione che la contaminazione è possibile. Un’area che prevede un campo di gioco: il nostro Playground sarà online e offline e avrà come obiettivo quello di generare confronto. La passione e la curiosità faranno da selettore naturale dei partecipanti.
Ci servono problemi, le soluzioni esistono già. Su questo motto inizia il gioco. Sì, perché non siamo mai troppo grandi per giocare e per imparare. Il cambiamento genera nuove prospettive, spesso difficili da interpretare: perché gli strumenti devono essere sempre gli stessi?
Playground è partecipazione curiosa, che vede coinvolti un’azienda-pilota, un equipaggio e dei passeggeri, offline e online. Il gioco prende forma su un volo immaginario, durante il quale tutti cambieranno il modo di guardare le cose, perché in fondo un viaggio serve anche a questo.
State your problem! Sarà l’urlo barbarico. Chiunque tu sia. Azienda o persona. Poni un problema e questi mutanti proveranno a darti la loro visione laterale. Cercando, attraverso la condivisione e il confronto, di darti una soluzione. Un open source intellettuale, un peer to peer mentoring che si poggia sul crowdsourcing delle idee. Dove le persone possono fare la differenza.
E infine uno storytelling per imparare!
La vita è fatta di storie. La nostra, per esempio, e tutte quelle che ci girano intorno. Spesso sono solo frammenti: qualcosa ascoltato per strada, la spiegazione di un ritardo, una vacanza. Tutto è una storia o un frammento di essa.
Mediante le storie impariamo. Spesso tramutiamo in storie quello che non capiamo o non riusciamo a esprimere.
La conclusione di Playground è uno storytelling. Un racconto empatico, un cioè che spiega da un punto di vista strategico e un quindi.
Se ti appassionano questi ingredienti allora sei pronto per partecipare al Playground. Benvenuto!
appendice: il playground (e lo storytelling) come funzionano?

Di consueto quando un’azienda, piccola o grande non importa, pensa di avere un problema – chiamiamolo mal di testa per comodità – e cerca aiuto all’esterno funziona così: fa venire un consulente alla scrivania. Dopo due presentazioni con qualche slide, più o meno bella, e molte parole il consulente somministra una soluzione, come fosse una medicina.
Ha mal di testa? Prenda questo. Spesso, a lungo andare, la cura non funziona. Il problema spesso si confonde con il sintomo perdendo di vista la malattia.
Il Playground è stato pensato per trovare le cause e non i sintomi dei problemi. Durante la lunga ricerca, che ha portato alla nascita di Playground, abbiamo trovato conferme che il gioco, l’ambientazione informale e il riso, sono strumenti efficaci per ottenere Problemi!
Allora come funziona?
Fase 0 – Briefing e preparazione
Uno dei froggers va in azienda: ascolta e pone domande, si fa raccontare quasi tutto, non solo davanti alla scrivania, ma anche giù in magazzino e dentro gli uffici.
Il froggers torna alla base e prepara con gli altri la serata in cui l’azienda sarà il Pilota.
Arriva il giorno del Playground e di solito il pilota (azienda) è sempre un po’ emozionato, ma non c’è da temere perché quel froggers che già conosce gli farà da Co-Pilota durante la serata.
Tutto è ambientato come un breve volo in aereo, non più di un’ora e mezza.
Ad aiutare il pilota e il copilota ci sarà tutto il personale della “Froggers Airlines“. Il personale di terra è adibito all’accoglienza dei passeggeri consegnando carta d’imbarco, la rivoluzionaria mascherina anti-panico e soprattutto il passaporto dell’azienda che conduce la serata.
L’equipaggio presente sull’aereo è adibito alla gestione della serata: illustrare le fasi del gioco, far rispettare i tempi e solleticare la risata e la riflessione.
Dopo aver svolto tutte le procedure si può decollare.
Fase 1: il racconto
Il Pilota racconta a tutti – passeggeri ed equipaggio – la propria storia, i successi e anche le fasi critiche. Non una presentazione aziendale, ma un racconto. Di cuore.
Il racconto si chiude con la perplessità, problema, sintomo che ha portato un imprenditore a mettersi in gioco ed essere il Pilota.Fase 2: domande e chiarimenti
Ora i passeggeri e l’equipaggio possono porre domande. Tutte le domande che vogliono. Per chiarire il racconto a sé stessi e a chi ascolta domanda e risposta. Unica regola in questa fase usare la mascherina anti-panico: semplicemente un naso rosso da clown perché in fondo tutto riesce meglio se non ci si prende troppo sul serio.
Fase 3: definizione dei punti chiave
L’equipaggio chiama la Torre di Controllo per avere il punto della rotta di questo volo intrapreso. La Torre di controllo risponde evidenziando i punti chiave del percorso. Da qui possiamo ripartire.
Fase 4: peer to peer mentoring
A questo punto l’azienda inserisce il pilota automatico e si mette comoda. Deve solo ascoltare; ascoltare quello che l’equipaggio e soprattutto i passeggeri propongono come nuove rotte, nuove idee e nuove visioni. Ascoltare come forse non si ha mai tempo di fare.
Fase 5: sum up
A questo punto è opportuno risentire la Torre di controllo perché potrebbero esserci degli sviluppi. Le parole e le direzioni di prima assumono un altro, si spera maggiore e migliore, significato.
Fase 6: nuovi scenari
Adesso il Pilota, aiutato dal Co-Pilota e da tutto l’equipaggio della “Froggers Airlines“, può prepararsi all’atterraggio informando equipaggio e passeggeri sul nuovo scenario che si vede fuori dal finestrino.
Fase 7: post – Debriefing e Storytelling
Ogni viaggio, breve o lungo che sia, cambia i nostri occhi. Ogni cambiamento è una ricchezza da condividere e per questo i froggers si trovano di nuovo per raccontarsi le emozioni provate e scrivere tutto questo e molto altro in uno storytelling che contenga la partenza, l’arrivo e le direzioni intraviste perché nulla vada perduto.
5 Comments
Non vedo l'ora!!! Bellissima iniziativa.
Ciao Nadia. Grazie. Ci stiamo lavorando. Appena definito il contest coinvolgeremo tutti coloro che hanno manifestato interesse. Stay Tuned!
Grazie Francesca e grazie Iris! Mi piace l'entusiasmo che si sta diffondendo attorno a questa nuova idea.
Ciao Cristiano, inutile dire che appoggio l'idea, posso dare il mio contributo per ora facendo del viral. Attendiamo aggiornamenti sulla serata.
A.A.A. Frogger Superconvinta e Motivata OFFRESI!
Idea semplicemente Splendida!