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Storytelling e strategia

Storytelling e strategia
Uno sguardo alle soluzioni

sei interessato allo storytelling?

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Il raccontare è una componente necessaria dell’uomo. Senza narrazione, o se vogliamo senza storytelling, l’essere umano rimarrebbe chiuso dentro il proprio mondo emotivo, psicologico ed esperienziale unico. Per fortuna questo flusso intenso tra cuore, anima e mondo è condivisibile, non solo attraverso il linguaggio. In fondo cos’erano le pitture rupestri preistoriche se non racconti? La condivisione della paura della battaglia, metodi di caccia, e forse indicazioni su luoghi ricchi di selvaggina.

Quando leggiamo, o partecipiamo a una qualsiasi forma di narrazione, “accendiamo” una capacità della nostra mente che va sotto il nome di empatia, cioè la capacità di comprendere “appieno” lo stato d’animo dell’altro che sia esso dolore o gioia, così facendo riusciamo a imparare e aggiungere qualcosa al nostro mondo.

L’empatia è considerata una dote naturale dell’uomo, cioè inscritta in noi perché necessaria per la sopravvivenza. Attraverso questa nostra capacità, più o meno sviluppata, l’umanità riesce a trasferire, muovere e spostare di cuore in cuore, tutto quel mondo intangibile che ci caratterizza e ci rende capaci, per esempio, di porre una domanda sul senso della vita e le emozioni che questa suscita.

Lo scambio di informazioni in natura ha il preciso scopo di preservare la specie: evitare pericoli, indicare luoghi dove si può trovare cibo, condurre a fonti d’acqua, per esempio. Nel nostro caso la narrazione, come strumento, e l’empatia, come capacità naturale, trasformano una semplice forma di racconto in una forma di conoscenza che va ben al di là del semplice acquisire nozioni.

Tutti raccontano: le persone come le aziende

È forse per questo che lo storytelling è divenuto uno strumento così importante per la comunicazione?

Storytelling è la parola; il narrare è l’atto imprescindibile che ogni essere umano compie. Il racconto allora non è uno strumento del business, ma una modalità di comunicazione e conoscenza dell’umanità. E dietro brand, piani di marketing e business plan ci sono sempre le persone. Quindi è necessariamente una modalità del business, ma spesso inconsapevole.

Qualsiasi aggeggio tecnologico può essere raccontato in vari modi, ma attraverso un racconto emotivo, che qualcuno sa fare altri no essendo un insieme di doti naturali e capacità, è possibile far fluire la passione dell’inventore dentro l’oggetto. Un motore per tende da sole, complesso o semplice che sia, può divenire più “interessante” del semplice motore presentato come insieme di viti e bulloni. Semplice per chi quell’oggetto l’ha progettato e costruito. Un po’ più complesso per chi quell’oggetto deve solo venderlo.

Il racconto aiuta a analizzare uno scenario complesso, trasferire valori e indicare possibili percorsi; la narrazione diviene un’ulteriore forma di conoscenza.

Di cosa abbiamo bisogno?

Abbiamo bisogno di essere consapevoli di fronte a ciò che è naturale come respirare; dobbiamo essere consapevoli di come ci raccontiamo, di cosa raccontiamo e soprattutto di cosa vogliamo raccontare? Azienda o persona, non importa.

Solitamente raccontiamo alla cieca, è naturale, ma ogni racconto per essere davvero efficace non può rimanere senza strategia e obbiettivi. E, udite udite, non esiste nemmeno l’ispirazione dal cielo che di botto ti fa scrivere tutto in una notte; al massimo ogni tanto arriva un’intuizione attorno alla quale bisogna lavorarci, anche per un semplice paragrafo. Nessun narratore, cioè nessuno di noi, si può esimere dal riflettere sul messaggio da comunicare e, compreso questo, sullo stile, la voce narrante e molti altri dettagli non superflui come per esempio dove e come voglio raccontare.

Molto semplicemente dobbiamo sapere “quale sentiero” percorrere per arrivare a “casa della nonna”; come usarlo, con quali strumenti (social network o mega affissione?) e con quali finalità nell’immediato (sorprendere o far riflettere?).

Allora dobbiamo cominciare a distinguere, nella naturalezza del racconto, le scelte per essere davvero efficaci: significa individuare lo strumento adatto alla storia, al suo contenuto e soprattutto ai suoi lettori. Per un’azienda, capita spesso che arrivi prima lo strumento (Facebook per esempio) e poi il contenuto (per la pagina Facebook).

E se ragionassimo in termini di strategia?

I passaggi, per una strategia del racconto, dovrebbero essere: 

  1. Chi sono i miei possibili ascoltatori? Sapere come parlano, come pensano i nostri possibili destinatari è una questione che spesso diamo per scontata. Basta dire, raccontare, parlare. No! Tutti parliamo un po’ troppo di questi tempi; parlare meno per raccontare meglio.
  2. Come li raggiungo? Dove sono questi miei destinatari; come li raggiungo? Meglio la pagina del social network o un blog? Avendo risposto alla domanda precedente, a questa dovremmo rispondere in modo abbastanza “semplice”.
  3. Come li coinvolgo nella storia? Perché di un certo autore compriamo il secondo libro? Perché il primo ci è piaciuto! Perché il primo ci è piaciuto? Perché ci ha coinvolto, emozionato e avremmo voluto che non finisse più. La domanda allora è: perché qualcuno dovrebbe seguire il mio blog o la mia pagina Facebook. Banalmente spesso è la stessa risposta che dareste voi se intervistati sulle pagine che seguite.

Raccontare, nei secoli, è stato per molto tempo sempre uguale: c’era chi raccontava e chi ascoltava, ma tutti quelli che ascoltavano e si sentivano partecipi spesso avrebbero voluto continuare la storia, specificare, sapere di più, magari riprenderla in mano e scriverla diversamente…

Storytelling con scorciatoia

Questo spot di ENEL è girato davvero bene, non si discute. Nel riguardarlo però c’era qualcosa che mi lasciava l’amaro in bocca. Poi sono stato in spiaggia; una spiaggia affollata, con un caldo torrido, piena di mamme e papà che giocavano con i figli: scavavano buche, costruivano piste di sabbia, riuscivano, al massimo, a scambiarsi uno o due tiri con i racchettoni prima di raccogliere per l’ennesima volta la pallina caduta.

Lo spot di una mamma che deve partorire è emozionante per chi l’ha vissuto e anche per chi lo spera, perché fa parte di un tessuto comune. È un racconto che si tramanda. Ecco l’amaro. Fare uno spot con una mamma o con il vecchio genitore che aspetta la laurea del figlio (Milioni di attimi) è una scorciatoia. Attinge alle emozioni di tutti, e proprio perché di tutti, non mi piace che qualcuno ci metta sopra un marchio. È solo una metafora, qualcuno potrebbe dirmi. No! Io penso sia una scorciatoia come il cabarettista fa con facili battute sul sesso o su un certo tipo di politica. Una scorciatoia è cercare di arrivare alla meta senza fatica, senza sporcarsi le mani. Andare sul sicuro è troppo facile.

E così ho capito l’amaro in bocca. Prima di tutto, quando vedo spot di questo genere, ho un senso di spoliazione di momenti universali, ma nonostante tutto intimi e, in secondo luogo e forse molto più importante, la sensazione che l’azienda non mi abbia raccontato nulla di sé, dei suoi operai e del tanto lavoro svolto in anni, come il dopoguerra, in cui andare a mettere tralicci in alta montagna non era solo una questione di ingegneria, ma una storia di uomini che si fidavano l’un l’altro, che dormivano, mangiavano e vivevano assieme; il lavoro era molto più dello stipendio, ma una questione di “cose” ben fatte e raccontare, tornati a casa, di come era nato quel traliccio.

Oggi è arrivato il momento di creare assieme la storia (perché ogni storia è un dare e un ricevere).  È arrivato il momento di smettere solo di raccontare (se siamo aziende) perché in fondo parliamo sempre troppo; e magari buttare lì un’occasione per ascoltare davvero (i propri clienti) e inventare una storia assieme?

Lo storytelling, risultato e punto di partenza dopo il Playground, è uno strumento potente mediante il quale, con i froggers, abbiamo compreso, con lunghe discussioni, situazioni intricate, scoperto dettagli che pensavamo poco importanti e trovato mappe per poter camminare ancora.

Il costruire un racconto fa chiarezza, organizza e mediante le metafore dilata la nostra comprensione; la narrazione diviene un’accurata analisi ricca di spunti, come per noi lo è stato scrivere gli storytelling dei playground.

Riproduci video su Mutazioni Storytelling froggers Playground

1 Comment

  1. Mi è molto piaciuto questo post Cristiano. Non sempre le storie a lieto fine che conoscono tutti sono il modo migliore per farsi conoscere e fare comunicazione. Le storie di tutti sono tanto semplici quanto pericolose…


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